Le cose fondamentali di Tiziano Scarpa

Le cose fondamentali

Tiziano Scarpa

Einaudi

pp. 167

2010

«Tua madre è uscita a prendere un po’ d’aria. Da quando sei nato è la prima volta che si allontana da te. Siamo rimasti soli in casa, tu e io».

Leonardo, appena diventato padre di Mario, è come nudo di fronte al proprio figlio.  Avverte il senso di responsabilità e la propria inadeguatezza: deve prepararlo al domani. E così, mentre la moglie documenta tutto – una foto ogni giorno, il primo pianto notturno, la prima poppata, la prima cacca –  per non sentirsi inferiore, decide di scrivergli. perMario14.doc: questo il nome del file word; un impegno a lungo termine, un dono rinnovato quotidianamente, fino a quando, compiuti quattordici anni, Mario potrà leggerlo. Bene, Leonardo appare soddisfatto: intende dire al figlio quel po’ che sa della vita, raccontargli di sé, del suo primo amore per Ida, della volta in cui, trovandosi in mano centomila euro in banconote, si è reso conto del potere dei soldi. Ha premura Leonardo, premura di essere sincero con il figlio, di preservarlo dal dolore, proteggerlo, salvaguardarlo o piuttosto, come gli fa notare l’amico Tiziano, il suo scrivergli non è che un modo per illudersi di avere vissuto cose che val la pena raccontare, come volesse fargli pagare la sua delusione verso la vita? E a chi si rivolge veramente Leonardo, al figlio o a se stesso?

Ci sono volte in cui Leonardo cerca di diventare come Mario liberandosi da tutto ciò che lo ingombra. «Mi piacerebbe farmi insegnare da te come si sta al mondo. Essere contagiato da te» scrive. Si accascia come fa lui, muove un braccio, un piede, tiene aperti gli occhi. Addirittura, dopo aver tagliato un paio di pannolini unendoli con il nastro adesivo e averli infilati nelle mutande, va in ufficio, intenzionato a farsi la pipì sotto. Ma a ogni cosa ci arriva sempre a partire dalla coscienza delle parole ed è difficile zittirsi per ascoltare e assecondare le armoniose vibrazioni emanate dalle esigenze vitali del proprio corpo. E poi c’è un altro limite incolmabile che Leonardo avverte e da cui però appare soggiogato: il limite del linguaggio, della scrittura, di quel suo rivolgersi a un figlio quattordicenne che ancora non c’è e che di fatto apre uno scarto con il presente da cui resta sempre dislocato: «In realtà, l’unico che non sa essere tutto qui, tutto adesso, quello sono io. Ho sempre un pensiero che mi fa deviare dal presente, che mi ricorda qualcosa che è successo tempo fa». E in effetti qualcosa è successo, non tanto tempo fa, ma è successo: ed è sicuramente la cosa fondamentale della storia che indurrà Tiziano ad accompagnare Leonardo fino a Basilea per incontrare una persona e visitare, in un museo, l’opera pittorica di Hans Holbein.

L’ultimo romanzo di Tiziano Scarpa (vincitore del Premio Strega 2009 con Stabat Mater) può essere letto a vari livelli. Oltre che sul rapporto padre figlio – sempre imperfetto, sempre in differita rispetto a quello tra madre e figlio – indaga sul ruolo della scrittura, sulle possibilità che a essa restano di poter sbrogliare l’intricata matassa delle nostre esistenze senza rischiare d’impantanarsi in uno sterile esercizio di autocompassione.

Gianluca Minotti

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