Le metro invisibili di Mico Argirò

Le metro invisibili

Mico Argirò

Edizioni Underground?

2023

pp. 122

10,00

Prefazione a cura di Michele Monina

 

 

 

 

Un uomo giunge a Milano per lavoro. Ha trent’anni, la pelle piena di cicatrici e nessuna voglia di dimenticare. In lui c’è la paura di chi lascia i propri luoghi per ritrovarsi in una città in cui si sente straniero, perché non c’è nessuno ad accoglierlo, soltanto la pioggia forte che segna l’asfalto dello spiazzo per i bus, fulmini che rigano il cielo di uno dei mesi peggiori dell’anno. È mattina presto e la discesa dal pullman getta l’uomo nella corsa frenetica dei suoi compagni di viaggio verso la M rossa gigante della fermata di Lampugnano. È l’inizio del viaggio, di un percorso di ricerca e di crescita dell’uomo, dall’abbandono alla riconquista di sé e al nuovo incontro con Lei, donna e incarnazione metaforica della Fiducia. Un viaggio dove le tappe sono segnate ognuna da una stazione delle metropolitane di Milano. Venti tappe in tutto, venti capitoli i cui titoli sono dati appunto dal nome delle fermate, cosa che non potrebbe essere altrimenti per un libro insolito come questo, scritto da Mico Argirò, cantautore campano alla sua prima prova letteraria e che con Le metro invisibili (Edizioni Underground?), uscito a inizio novembre 2023, compone una sorta di partitura.

L’elemento di notevole interesse di Le metro invisibili è infatti il modo in cui è composto. È l’autore stesso, nell’Avvertenza che precede il testo, a parlare di come sia ricorso a quella che lui chiama “Scrittura Stereo”: «Ho inventato una scrittura che potesse meglio descrivere la situazione estetica-emotiva del protagonista e della città intorno a lui, che diventa ben più di un luogo, quasi una coprotagonista. L’ho definita “Scrittura Stereo”: il foglio è diviso in tre parti come a simulare le nostre sensazioni uditive (una sorta di “panning grafico”); in questi spazi cerco di restituire la frammentazione della realtà in cui ognuno è immerso, tra percezioni sensoriali, pensieri e ricordi. È una scrittura estetica, simbolica, ma anche fumettistica e pop».

Questo modo di lavorare sulla pagina, riportando sulle colonne di sinistra e di destra i rumori, le voci, i suoni di una Milano brulicante di vita e di contraddizioni («Sbem Libri di una ragazza che cadono sulle scale mobili»; «“Sciao Belo, regalo solo per una moneta”»), nasce inoltre dalla necessità di Mico Argirò di organizzare un testo in grado di restituire la simultaneità. È come se noi lettori fossimo l’uomo, il protagonista della storia, colui che ascolta, calato nel centro della pagina, ma frammentato, non isolato dal mondo circostante che sempre arriva a noi attraverso continui stimoli ai quali siamo sottoposti: acustici, visivi, tattili. Questi ci investono e distraggono i nostri pensieri, vi si insinuano, li permeano, li deviano verso altri percorsi, altri varchi. Portali, ingressi, uscite che restituiscono il senso del movimento, dello spostamento mentale e fisico del protagonista in uno spazio di senso caotico e non orizzontale.

La Milano colta nelle pagine di questo libro sonoro è, infatti, una città verticale, che si attraversa scendendo nel sottosuolo ed emergendo in superficie senza soluzione di continuità. E così, giorno dopo giorno, stazione dopo stazione – da Lampugnano a Centrale – ecco che unendo tra loro le singole tappe intraprese dal protagonista, si delinea un’altra mappa delle metro di Milano, privata, sentimentale, aderente soltanto in parte a quella reale e impersonale. Le metro invisibili come Le città invisibili, verrebbe allora da osservare. Con una precisazione, però: nel libro di Mico Argirò, di tutti i molteplici percorsi e conclusioni plurime e ramificate che Calvino sembrava suggerire, se ne traccia uno, e uno soltanto, che sarebbe però potuto benissimo essere un altro, qualora le sollecitazioni raccolte dal protagonista durante il proprio viaggio fossero state differenti.

Gianluca Minotti