Stanze d’albergo

SIAMO TUTTI AMERICANI

Poi leggi libri americani e trovi poliziotti o agenti dell’FBI che non hanno eguali. Nessun confine tra Bene e Male. Ma non è questo a renderli unici. È che nelle stanze d’albergo dove alloggiano per qualche missione, dopo essersi lucidati le scarpe e aver pulito la pistola, fanno delle trazioni aggrappandosi alla sbarra posizionata sulla porta. Per questo sono dei duri. Ché i nostri poliziotti o agenti quando sono in missione e occupano stanze d’albergo, le trazioni non possono farle perché nelle nostre stanze d’albergo non ci sono sbarre posizionate sulla porta, o almeno io non le ho viste; ma io forse conto poco, essendo stato, in generale, poche volte in albergo. E quelle poche volte erano alberghi per lettori di professione. Molti leggii, superfici piane, nessuna sbarra. Ma magari, non so, esistono anche in Italia categorie di alberghi fatti su misura per poliziotti e agenti. Ora, anche ammettendo questa possibilità, il fatto è che in un thriller italiano, un poliziotto che in un albergo fa trazioni aggrappandosi alla sbarra posizionata sulla porta, proprio non funziona. Fa ridere. Almeno a me fa ridere. Dico questo perché quando un italiano prova a scrivere un thriller o un noir ambientato in Italia, non dovrebbe mai dimenticarlo: di essere italiano e di stare in Italia. Che per quanto tu possa aver letto Hammett, Chandler, Ellroy e Raymond, sempre a Viterbo stai. Viterbo, Frosinone o Perugia. E qualcuno potrebbe obiettare: ma io l’ambiento a Milano. Milano è una città internazionale; a Milano di sbarre è pieno. D’accordo, sì, qualche sbarra potrà anche starci – addirittura posizionata sulla porta di una stanza d’albergo – ma a mancare è la consuetudine. La mentalità. L’allenamento. Del poliziotto e del lettore.

E ora tutti alla sbarra a leggere.

Gianluca Minotti