Splatter baby, Alessandro Cascio

Splatter Baby Alessandro Cascio

Ed. Il Foglio 2011

ISBN 9788876063503

€ 12,00 – Pag. 160

Non sono molti gli scrittori dotati di una genialità che ti fa sorridere e riflettere in un modo particolarmente efficace. Per me Alessandro Cascio possiede queste doti. Lo si può amare o meno, criticare per il modo diretto e ironico con cui affronta discussioni e critiche, ma resta il fatto, lampante, che Cascio è bravo.

“Splatter baby” non è solo la storia di un gruppo di bambini sadici e violenti, è uno spaccato crudo, vero, d’impatto emotivo di una realtà che, purtroppo, appartiene a molti posti nel mondo.

Cascio rende bene le cause per cui Miller Lang, il bambino protagonista, diventa uno “Splatter baby”. Specialmente in alcuni quartieri, siano essi di un paese britannico, come in questo caso, o di una qualsiasi altra città italiana o americana o spagnola, la morte di un genitore, la poca attenzione alla sensibilità e ai bisogni di un bambino, l’incontro con persone sbagliate, la visione di programmi in cui si spettacolarizza la morte e molto altro, incidono con forza nella formazione di un animo fragile, che, di contro, trova forza nella violenza, prima subita e poi fatta subire ai più deboli, per sfogo, compenso, voglia di riscatto.

Nella storia hanno una parte rilevante anche le disavventure del bambino George, appassionato di fotografia, e di Kitty, la sorella, amica di Rosalie, che lavora come commessa in un negozio di fotografie. Rosalie vive in modo disinibito la sua giovinezza, cercando di sfuggire alla noia del paese e al difficile rapporto con la madre, la direttrice della scuola elementare, frequentata da Miller Lang e da George.

In un turbinio di eventi, in un’escalation di azioni sempre più sadiche, violente, Cascio offre al lettore anche un modo per andare oltre le apparenze, conoscere le cause, smascherare vite.

Ecco, ad esempio, il ritratto della direttrice:

Per una donna, la propria decadenza fisica dovuta agli anni che passano è difficile da accettare, ma solitamente il fascino resta immutato per le persone colte, almeno così pensava la madre di Rosalie che era immersa tra libri e studi come se dovesse sostenere un esame per la tomba. Ma da qualche tempo la direttrice aveva capito che era tutto inutile, che era già abbastanza colta per un paese di stupidi come Trenchtown, che diventarlo ancora di più non sarebbe servito poi a molto, visto che doveva già smorzare la propria cultura per venire in contro all’ignoranza altrui. Così, alla decadenza fisica si accompagnava la decadenza mentale, la più dura da sopportare, quella che l’avrebbe resa vecchia e non matura, da buttare piuttosto che da ammirare.

Mary Zarbo