Il Male naturale di G. Mozzi è a Roma il 4 marzo

Venerdì 4 marzo, alle ore 18:15, si terrà a Roma, presso la Libreria Mondadori di Via del Pellegrino, 94 (Campo de’ Fiori), la presentazione de
IL MALE NATURALE
di Giulio Mozzi
Laurana Editore
oltre all’autore, interverrà Andrea Cortellessa, critico e storico letterario.
Uscito per Mondadori nel 1998, Il male naturale è uno di quei libri che hanno segnato la storia recente della scrittura. Su due binari: uno eminentemente letterario (meno male!) e uno che di letterario ha poco. La censura. L’interrogazione parlamentare voluta dal leghista Oreste Rossi, giacché l’editore aveva pubblicato sul sito uno dei racconti che compongono la raccolta. Il racconto è Amore dove in tre pagine folgoranti è trattato, appunto, l’amore tra un bambino e un adulto. Pedofilia, pornografia: di questo si parlò. E il libro fu presto rtitirato dalle librerie. Ma coloro che – diciamo così – avevano fatto in tempo a leggerlo, si erano trovati di fronte a tredici racconti che riuscivano a parlare di vita, di morte, di dolore, di sentimenti, con una nitidezza davvero rara; come si evidenzia nella bandella dell’edizione Mondadori: “con approccio assoluto, frontale e allo stesso tempo quasi trascendente”. Il male che qui si tocca è il male consustanziale all’umano, ed è “naturale” perché fa parte di noi, è esso stesso a rivelarci come esseri umani. Non è un male esterno, non è un male che ci attacca da fuori, ma è un male che è carne della nostra carne. “Esiste un male che non è colpa di nessuno. Un male naturale”.

Dopo dodici anni il libro ritorna pubblicato da Laurana Editore con un breve saggio di Demetrio Paolin.
Quello che ci terrei a evidenziare di questi racconti è che per ognuno è riportata la data di inizio e fine scrittura. Per Bella, ad esempio, è: 22 febbraio 1988 – maggio 1996. Otto anni. Giulio Mozzi ha impiegato otto anni per concludere (semmai si può “concludere”) questo racconto. E ce lo dice apertamente. Perché? Perché per lui la scrittura è e deve essere naturale. La gestazione di un racconto può essere lunga, però poi, se funziona, dentro di noi accade qualcosa. Si parte da un’immagine, da una sensazione, da qualcosa di visivo o sensoriale (un dolore?) e poi si cercano le parole per dire. O meglio. Si lascia che le parole arrivino in maniera naturale. Nel caso di questi racconti,  a fare da detonatore, è spesso una semplice frase di inizio, che se è quella giusta, si porta a cascata tutto il resto. Se è quella giusta, “i racconti si sviluppano finché lo consente una sorta di impulso naturale a proseguire”. Sottolineo ciò, perché, mi pare, in tutti gli articoli usciti per la ripubblicazione del libro – e sono tanti – questo aspetto, pure importante, è stato un poco trascurato.
Gianluca Minotti

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