I ferri del mestiere di Andrea Ponso

Andrea Ponso

I ferri del mestiere

Mondadori

Collana: Lo Specchio

I poeti del nostro tempo

pp. 32

€ 5,00

 

 

Fabrizio Bernini con L’apprendimento elementare, Carlo Carabba con Canti dell’abbandono, Alberto Pellegatta con L’ombra della salute e Andrea Ponso con I ferri del mestiere. Stiamo parlando di poesia. Di quattro autori emergenti pubblicati da Mondadori nella collana “Lo Specchio”, in occasione della Giornata mondiale della poesia che, dal 1999 e per volontà dell’Unesco, si festeggia il 21 marzo. Grazie al contributo di Montblanc, che sostiene l’iniziativa, i titoli sono usciti in un formato speciale di 32 pagine senza alette e con rilegatura a punto metallico. Ma è l’intera collana de “Lo Specchio” a cambiare veste grafica e a rinnovarsi nel formato e nei colori. Se per inaugurare questo nuovo corso è stato scelto il libro del Premio Nobel Seamus Heaney, Catena umana, per quanto mi riguarda, a inaugurarlo è stato invece il libro di Andrea Ponso, I ferri del mestiere. Libro che ieri, proprio ieri, nella Giornata nazionale per la promozione della lettura, con una dedica di Andrea, ho avuto l’onore di trovare nella mia cassetta della posta. Direttamente da Noventa Vicentina, terra di “docili presenze accidentali”, di poeti e libraie.

Il volume è rosso vermiglio ed è una cosa viva e che non ammette scampo. I versi di Andrea Ponso sono vivi e non ammettono scampo. Sono asciutti, scarni, precisi nel misurare i gesti, nel dire la nostra condizione che «ci rende simili ai legni strappati dagli edifici». «Una metrica che misura l’arsura. È come stare in piedi nella morte, tra i cardini di una porta». Legni, cardini, chiodi, tiranti stesi, funi. Ma nascere, venire al mondo, significa anche attraversare questa condizione peritura, assumendosene la responsabilità: «Come l’erba che germoglia dai sassi farsi vedere. Bruciare le vesti, quello che chiedi. Essere apparsi». La sottrazione, la spoliazione del linguaggio e delle vesti: tutto concorre a una ricerca  di essenzialità, per essere fieri del cibo, del pane. Della naturalità dell’esistere e dei gesti che quotidianamente compiamo. «La precisione fredda dei chiodi» richiamata a un certo punto, è quella del padre che nella rimessa riparava i travi in mezzo all’erba alta. Quella stessa erba che, dai sassi, equivale al mostrarsi, al non nascondersi. Alla verità, insomma, se per “Verità” intendiamo il “non-nascondimento”. Sono i ferri, gli utensili, i rudimentali oggetti indispensabili per un mestiere, perché è dal loro utilizzo, è nell’interagire con essi che esplichiamo il nostro mestiere. La nostra ragione di essere. Anche qualora esso, il mestiere, sia solo quello di vivere e di morire.

Il libro in posa nella foto è quello arrivato qui ieri, a Via Cosenza, 4, 03100 Frosinone.

Gianluca Minotti